… e sono sopravissuto per raccontarlo.
Sabato 30 novembre e Domenica 1 dicembre si è tenuto il CIC Show. L’annuale esposizione dei Maestri della Corporazione Italiana Coltellinai.
La sede della mostra è, da dopo il COVID, l’Hotel Melià di Milano. Un elegante hotel mille mila stelle in centro a Milano. L’hotel è bellissimo, con ampi spazi, un’atmosfera di gran classe. Vorrei suggerire alla direzione dell’Hotel di mettere un piccolo angolo dove gli avventori del bar possano accedere a finanziamenti o vendere l’oro di famiglia per poter far fronte all’impegno finanziario necessario a prendere anche una birra piccola. Ma noi siamo qui per vedere coltelli e non per bere.
La sala è grande. I volponi del CIC credo l’abbiano scelta per fare in modo che anche il più piccolo graffio nella superficie delle lame sia ben visibile a chilometri di distanza: la luce e i lampadari riflettono migliaia di miniluci sulle lame. Credo che quando la sala non venga usata per eventi come il CIC sia utilizzata dai levabolli milanesi per controllare le carrozzerie danneggiate dalla grandine. Anche l’intensità e tonalità della luce dei lampadari e degna di nota e mi ha fatto venire in mente i fanali gialli della Citroen DX di mio padre. Ma noi siamo qui per vedere coltelli e non per abbronzarci.
Premetto che non ho visitato tutti i tavoli. Un po’ per la simpatia che nutro per questo o quel coltellinaio un po’ perché purtroppo il mio ginocchio (o quello che rimane dopo il piccolo incidente che ho avuto) mi ha costretto a continue pause ed un po’ perché siamo qui per vedere coltelli e non scalpelli.
All’ingresso la vista toglie il fiato: Gidoni subito a sinistra, Piccinin un po’ più in là, Morotti e Caimmi sulla destra. Bastavano questi quattro tavoli per il viaggio. Poco da dire: spettacolo. Non mi soffermo su Piccinin: per motivi di amicizia il mio giudizio potrebbe sembrare esagerato. Gidoni ha delle linee pazzesche, non ci avevo mai fatto caso. Mea culpa. Morotti secondo me il tavolo più elegante della mostra. Caimmi fa venire voglia di andare a casa e buttare la lev. Pazzeschi l’ho già detto?
Continuo il giro. Il tavolo di De Carli come al solito convince molto. Peccato che abbia preso la brutta mania di lasciare il tavolo e di andare in giro e non sono mai riuscito a scambiarci due parole davanti ai coltelli (si lo so, detto da me sembro il bue che da del cornuto all’asino).
Li vicino Edwards e Dunkerly. Mamma mia. Forgiano, fanno coltelli, fanno incisioni, fanno le scatole, fanno le incisioni sulle scatole. Fanno tutto. E lo fanno bene… mi sono innamorato di un paio di lame ma, ahimè, avevo già speso tutto il mio budget per 1 birra al bar. 100 e lode.
Faccio due passi (ma proprio due) e arrivo da Pala. Anche qui non mi dilungo. Per me Pala è il top anche se venisse senza lame. L’eleganza delle sue linee è superata solo dall’eleganza della persona. Fuori concorso.
Passo da Compostella, mio caro amico e mezzo collega. I migliori coltelli da cucina della sala. Vorrei dire gli unici visto le geometrie degli altri. Ma noi siamo qui per vedere coltelli, no per spatole da cucina.
Termino con 3 menzioni d’onore.
Menzione d’onore per i rasoi di Demidio D’Astolfo. Che roba! Anche lui quasi impossibile da trovare al tavolo per cui, senza toccare, ho guardato un po’ i suoi lavori. Quelli che fanno rasoi secondo me dovrebbero avere un CIC a parte. Credo siano i lavori più difficili da molare in assoluto. Bravo. Ma bravo.
Menzione d’onore per Nicola Conforti. Maestro in Prova (ma credo che dopo la mostra sia diventato maestro). Ne vedremo delle belle da parte sua.
E come dicono gli americani “the last but not the least”, l’ultimo ma non il meno importante. Si può essere al 100% una cosa e al 100% un’altra? Si, è la risposta è Giuseppe Gambino. 100% cacciatore e 100% coltellinaio. Lame dalla spiccata natura venatoria. Finiture a livello del fastidio. Fa dei piccolini con il manico “importante” e una lama piccolina. Tutti gli ingredienti per fare una lama sgraziata e sbilanciata. Ma lui riesce a fare quelli che io definisco “gioielli da uomo”. Bravo! Il mio personale premio della giuria va a lui. L’immagine di copertina di questo articolo è dedicata a lui. Che però, va detto, come fotografo fa davvero cagare.
Il CIC si è dimostrato una mostra tutto sommato interessante. La location superlusso a me ha sonoramento scassato le balle. La sezione Crossroad una boiata senza senso (si lo so, ci ho esposto pure io, ma nessuno è perfetto). Una parvenza di apertura che cela, e anche male, la voglia di sottolineare che “io so io e voi non siete un cazzo”. Ma siamo qui per vedere coltelli e non per “lavarghe a testa al musso”.
Ma se vi piacciono le lame, se siete andati al CIC e vi siete fermati anche solo in uno dei tavoli di cui vi ho parlato, avete speso bene il vostro tempo e il vostro denaro.
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