• Lam’Arte 2024. Buona la prima?

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    Lam’Arte 2024. Buona la prima?

    Il 12 ed il 13 agosto 2024 ho parteciparo alla prima mostra italiana dopo molto tempo: Lam’arte. A dire il vero ho paretecipato anche a Sharp Art, ma in questo caso la mia partecipazione è stata anche fisica.

    La mostra si è svolta presso il Castello D’Evoli in località Castropignano ed era organizzata da Pragma, un’associazione culturale facente capo al grande Mimmo Fraraccio.

    Abbastanza bassa l’affluenza e il livello degli scambi in generale. Ma alle mostre non si va solo per vendere ma anche per allacciare nuovi rapporti o rinsaldarne di vecchi. Si va per vedere come sta andando la coltelleria in Italia e magari per portare a casa qualche idea.

    Quest’anno sono andato accompagnato da Simone Cortese, un coltellinaio hobbista che si sta facendo strada nel mondo dei coltelli da cucina e che fa parte del ristretto e per nulla invidiato gruppo dei Resident, ossia di quel manipolo di coltellinai che è facile trovare ubriachi a dormire in qualche angolo del mio laboratorio. Assieme a me c’era anche il mio amico Denis Mura, che non ha bisogno di presentazione. (Aveva al tavolo una serie di miniature utilizzabili che secondo me spaccavano).

    La mostra ha visto anche alcuni eventi collaterali ma quello più interessante, perchè tocca da vicino il nostro mondo, quello di Enrica Quartini, figlia del mitico Dario, che ha parlato della raccolta fondi per la sistemazione del maglio di OME (danneggiato in giugno da un’alluvione). Se non l’avete fatto vi lascio il link per aderire alla raccolta fondi: https://www.gofundme.com/f/help-borgo-del-maglio.

    Interessante anche l’angolo della forgiatura messo in piedi da alcuni “giovini” tra i quali l’esplosivo Nino Nista e Campedel Massimo.

    La mostra, nonostante sia giunta alla IV edizione, rappresentava una novità come giorni (lunedì e martedì) e location (il castello d’Evoli) e pertanto ha sofferto un po’ di qualche difetto di giovinezza. Ma, lo ripeterò sempre, le mostre servono anche per stare assieme a divertirsi, ed in questo Castropignano merita un 10 e lode.

    Le pagelle

    Al ritorno della mostra l’organizzatore, Mimmo Fraraccio, mi ha chiesto di fornirgli un feedback. Quale miglior, o peggior modo, delle Pagelle in stile “programma calcistico in seconda serata”?

    • Location: 7. A volte anche un posto da urlo può rivelarsi poco adatto. Specialmente ad una mostra di coltelli. Il clima non ha aiutato e all’interno delle sale di moriva di caldo. L’illuminazione andava bene se volevi nasconderti a pomiciare, ma i coltelli si vedevano pochino. In compenso il posto è uno dei più belli che abbia mai visto.
    • Chiosco: 9. Esistono 2 tipi di coltellinai, quelli che bevono come spugne e quelli che bevono come cammelli. Pertanto avere un chiosco a disposizione con la birra a 1.50 è stata una delle cose più belle che potessero capitarmi. Non metto 10 perché quella discesa e salita sotto i 40 gradi mi ha debilitato parecchio.
    • Mimmo Fraraccio: 8. Gli ho chiesto 2 cose e se le è dimenticate tutte e due. Come si fa a non volergli bene? Onore al merito di voler portare avanti mostre come queste, dove si spinge l’aspetto storico e artistico del coltello.
    • Annalisa Fraraccio: 12. Oltre al 10 che si merita le do anche i 2 punti che ho tolto a Mimmo. Onnipresente e disponibile. Ogni problema veniva risolto. Grazie grazie! Al mondo a darmi del “Lei” sono rimasti in 2: i carabinieri e Annalisa. Qualcuno le dica qualcosa!!!

    Tornerò a Lam’Arte 2025? Certamente ma mi porterò un ventilatore.


  • Un Sujihiki in MAGNACUT

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    Un Sujihiki in MAGNACUT

    Poco dopo essere rientrato dal Blade in Texas ricevo la telefonata da parte di un coltellinaio, che stimo moltissimo, che mi preavvisa che di lì a poco avrei ricevuto una richiesta da parte di un suo amico per realizzare un coltello per il figlio Chef.

    Al telefono mi spiega di volere un coltello da salato non troppo grande in stile giapponese. Durante la telefonata mi trovavo in laboratorio: erano, come già detto, passate da poco le giornate del Blade e attorno a me avevo quel disastro tipico dei lavori fatti a ridosso di una mostra. Carta vetrata ovunque, polvere, pezzi di nastro adesivo di carta appiccicati a terra, la valigia con gli accessori per le mostre aperta e vuota sopra il bancone, il suo contenuto sparso un po’ ovunque.

    Sul bancone fanno bella mostra di sé alcuni blocchi di KOA. Il/la KOA è un legno tipico delle Hawaii. La sua particolarità è avere un effetto chatoyancy davvero marcato.

    Chatoyancy su KOA

    L’effetto chatoyancy in italiano è detto “GATTEGGIAMENTO”. Il termine deriva da una particolare pietra, l’occhio di gatto, con dei riflessi tridimensionali dovuti alla presenza di intrusioni cristalline aghiformi.

    Tra questi blocchi ce n’è uno con una colorazione a due toni molto particolare. Decido che voglio usare quel blocco per questo progetto e lo propongo al cliente che, fortunatamente, accetta.

    Ad oggi ho la lista degli ordini riservata fino alla seconda metà del 2025 ma da un po’ di tempo ho iniziato a lasciare un paio di spazi vuoti al mese per venire in contro a clienti che abbiano una certa fretta. Ho cominciato ad utilizzare questa tecnica degli “slot” urgenti dopo averla scoperta da una coltellinaia statunitense. La voglia di usare quel blocco è tale da farmi “bruciare” un posto libero e riuscire a finire la lama per in tempi utili.

    Accantonata l’idea del damasco per la lama, la scelta ricade sul MAGNACUT, ad oggi uno degli acciai miei preferiti.

    Le caratterisitche di un buon Sujihiki sono (secondo me):

    • Lunghezza importante: deve consentire un taglio netto e in una sola passata;
    • Geometria aggressiva: deve avere un forte potere di penetrazione dovendo spesso tagliare cibi caldi;
    • Lama stretta: la lama stretta favorisce il distacco del cibo in quanto la fetta, superata la costa, si stacca naturalmente.
    • Manico leggermente più lungo per bilanciare la lama.

    Inizio i lavori subito dopo essere tornato dal Blade di Atlanta (2 mesi dopo) ed il risultato è questo. Spero vi piaccia. Se siete interessati ad un Sujihiki… Contattatemi!

    Il risultato finale
    Un piccolo test di affilatura

  • Le dirette… Ricominceranno

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    Le dirette… Ricominceranno

    Basta, non ci sono più scuse. O almeno le vecchie scuse son terminate.

    L’appuntamento serale con le “Dirette” mi manca. Manca un po’ a tutto il gruppo dei “Diretti” e pertanto abbiamo deciso di ripartire. Nuovi argomenti, nuovi formati e anche qualche evento “dal vivo”.

    L’idea è quella di organizzare un mini raduno, una giornata in laboratorio, provando attrezzatura, ricevendo e scambiando consigli. Si potranno vedere diversi aspetti della lavorazione di una lama e chi lo desiderà potrà portare i propri lavori per farli vedere al resto del gruppo. L’idea è allo stato embrionale ma sono sicuro ne verrà fuori qualcosa di veramente bello e coinvolgente.

    Comunque oggi 21/06 è anche il compleanno del Manaresso e quindi AUGURIIIIIII!!!!


  • #ONEBYFACCIPIERI

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    #ONEBYFACCIPIERI

    Durante il periodo del COVID il tempo per pensare a nuovi progetti era molto. La mia produzione di coltelli era, e sarà sempre, focalizzata al custom di qualità, con un occhio di riguardo alle finiture, a quello che gli americani chiamano “Fit&Finish”. I tempi di attesa per un mio coltello erano ai tempi di 6 mesi (con ritardi a volte imbarazzanti) e molto spesso mi veniva richiesta la disponibilità di una lama per un regalo “dell’ultimo minuto.

    La mia passione per i trattamenti termici e la naturale avversione verso materiali scadenti mi ha fatto innamorare di diversi acciai. A quel tempo le lame migliori, sotto l’aspetto delle performance in termini di tenuta del filo, le avevo ottenute con l’ELMAX o con l’M390.

    ONESTO

    Tutto ciò mi fece pensare a trovare una soluzione, un coltello dalle performance senza compromessi, dalle finiture dignitose e dal prezzo contenuto soprattutto visto i materiali utillizzati. Il coltello doveva anche essere adatto a fare molti lavori, non doveva essere troppo specializzato. Un coltello “Onesto”.

    Il disegno deriva dai miei K-TIP, spina con una leggera e sexy curva, filo inizialmente dritto per il chop-cut e curvo dai 2/3 lama per sminuzzare come se fosse una mezzaluna. 20cm massimi per 4/5 di altezza: sufficienti ad essere utilizzati per raccogliere il cibo tagliato.

    Il nome ONESTO è quanto di più brutto mi venne in mente ma riassumeva bene il concetto. Avevo deciso comunque che se fosse entrato in produzione l’avrei cambiato.

    Il primo run di 50 pezzi venne realizzato in M390. Il primissimo nato lo regali all’amico e chef stellato Matteo Tagliapietra. Il manico era un bricola (i pali che segnano i percorsi di Venezia in onore alle origini dello Chef) con il collarino in Juma nera e un piccolo spaziatore di metallo. I primi 40 pezzi, tutti rigorosamenti fatti a mano, vennero consumati nell’arco di un paio d’anni. Le ultime 10 sagome terminate successivamente…

    Il primo ONESTO (One)

    Arriva il MAGNACUT

    Nel frattempo esce sul mercato un acciaio sviluppato da Larrin Thomas ed dedicato alla coltelleria: il MAGNACUT. Le prime 2 barre arrivate in Italia furono mie, così come mio fu il primo coltello realizzato con questo acciaio. Il coltello diventa il coltello di famiglia, usato ed abusato da tutti. Rimango così contento da come si comporta la lama che decido che la produzione di “Onesto” deve esserre fatta in MAGNACUT. Prendo contatti con diversi rivenditori ma l’unico che mi aiuta a reperire il materiale in quantità è un fornitore francese. Ne ordino 12 lamiere.

    Il primo coltello in MAGNACUT

    INIZIA LA PRODUZIONE di “ONE”

    Il disegno cambia leggermente per assecondare i feedback degli utenti e per essere più adatto ad una lavorazione in serie. Mando le lamiere al taglio e successivamente al trattamento termico. Il risultato delle analisi mi conferma la qualità dell’acciaio e l’ottimo lavoro svolto dall’azienda Todesco di Maniago. Nel frattempo cambia anche il nome. Da Onesto al molto più internazionale ONE!

    I primi ONE

    LO STOP

    Mando i coltelli a molare ad una azienda che, dopo un test, mi assicura il risultato che mi ero fissato in termini di geometria. I tempi inizialmente vanno per le lunghe e successivamente arriva la prima grande doccia fredda: le lame non si riescono a molare… Il metallo è troppo duro per le loro macchine, le mole si impastano e le lame si deformano.

    CAMBIO TUTTO

    Cosa fare? Nulla se non farsi rimandare le sagome e prendere una decisione drastica: molerò 500 lame a mano. I tempi si allungheranno, ma la qualità ne guadagnerà. Nel frattempo parlo del progetto a Joseph di Vivront al Blade Show 2023. Ne è entusiasta. Forse non tutto è perduto.

    Mi faccio costruire un JIG dal mitico Dorino per farmi aiutare nelle lavorazioni di sgrossatura. Decido che la finitura sarà a macchina. Un compromesso necessario: satinare a mano il MAGNACUT è un incubo. Via via che prendo mano con la sagoma la molatura diventa sempre più veloce. Riesco a fare 5 coltelli in 3 giorni. Non male anche in relazione alla qualità finale.

    Impiego un bel po’ a trovare una finitura superficiale che mi piaccia. Guardo un po’ in giro e vedo solo un’altra azienda che fa coltelli da cucina in macchina e quello che vedo non mi piace: finitura a macchina si, ma il mio logo su una grana 36 non ce lo metterei mai :).

    Dopo diverse prove troppo la progressione giusta e dei nastri per satinare che mi portano ad avere una buona finitura superficiale: nulla a che vedere con una satinatura da esame, ma abbondantemente accettabile visto quello che trovo in giro.

    IL BATTESIMO DEL FUOCO

    I primi ONE finiscono irrimediabilmente regalati ad amici e parenti. Fanno “schifetto” ma funzionano bene. A fine febbraio 2024 partecipo al Blade Show Texas. Termino i coltelli con un po’ di anticipo per cui decido di provare a portare 5 o 6 ONE e vedere cosa succede. Aiutato da uno dei RESIDENT (se non sapete chi sono farò un articolo su di loro) in un weeked preparo 5 ONE e la mattina prima della partenza li porto a marchiare. Anche qui un’altra decisione presa da tempo deve essere sviluppata in pochi minuti. Il LOGO. Decido che gli ONE finiti a macchina avranno un logo diverso dal mio. Magari il mio sarà presente da qualche parte ma voglio che sia chiaro che un ONE è una cosa a parte, un concetto diverso dal mio concetto di coltello. Preparo un logo unendo vecchie idee ed aggiungendone di nuove…

    IL LOGO DI ONE

    Il BLADE comincia e gli ONE fanno bella mostra di se accanto ai coltelli in Damasteel, RWL34 e MAGNACUT. Passa un ragazzotto che mi somiglia tantissimo, sia nel modo di vestire che nelle caratteristiche fisiche: in pratica sono io ma afro-americano. Supera il mio tavolo ed “inchioda” letteralmente prima di tornare indietro. Prende in mano un One e dopo qualche istante dice: “THIS”: il primo ONE della nuova generazione è stato venduto. WOW.

    I primi coltelli a finire sono proprio gli ONE. Ad essere sinceri ne tolgo uno perché le luci dello show mi fanno notare una piccola imperfezione sulla lama. Probabilmente la vedo solo io, probabilmente no. Preferisco non rischiare.

    Gli ONE piacciono. Adesso bisogna tornare a casa, sistemare ancora qualcosina e iniziare a fare sul serio!

    L’ULTIMO UPDATE

    Le luci del BLADE avevano messo in risalto alcune imperfezioni sulla finitura. In alcuni punti è troppo lucida. Non mi piace. Comincio di nuovo a far prove per la satinatura mentre evado i primi ordini di ONE. Il risultato che voglio è ottenibile facilmente ma il processo rischia di avere troppo “rilavorato”: devo controllare la finitura, ripassare una grana, tornare indietro, riprovare… no, non è storia specie se dovessi chiedere a qualcuno di portarmi avanti qualche coltello.

    Come nelle più belle storie la soluzione al problema avviene per errore: sto satinando delle lame, è tardi ma voglio finire a tutti i costi. Arrivo alla grana extrafina (i miei nastri sono grigio chiaro) e vado a letto. Il giorno dopo, con la testa che mi ritrovo, non ricordo più a che grana ero arrivato e riparto dalla fina (blu). Alla prima lama mi accorgo che il “graffio” delle altre lame sembra più fine ma la lama che ho in mano è più bella. Più opaca. Decido di prendere una lama su cui devo ancora cominciare a sdatinare e mi fermo al blu. La confronto con la lama il cui risultato mi soddisfaceva ed è diversa. Capisco. Porto la lama all’extrafina e poi “torno indietro”. BOOM! La finitura mi piace. Ho trovato come fare.

    BLADE SHOW ATLANTA

    Decido di portare 6 ONE. Manico in legno stabilizzato e collarino in Juma con spaziatore in acciaio. Metto a punto anche un nuovo sistema per lucidare i manici (ma questa è un’altra storia). Il sabato pomeriggio vendo l’ultimo ad uno che ne aveva preso uno anche il giorno prima. Eh si… viaggio ad un metro da terra… Come se non bastasse, nei giorni successivi, ricevo anche un paio di feedback davvero positivi.

    E ADESSO?

    Nella prima stesura di questo articolo questo paragrafo si intitolava “IN CONCLUSIONE”. Ma il progetto ONE non è ancora finito e penso che non finirà mai per davvero.
    Per prima cosa vorrei fare un run, ridotto, cambiando acciaio e scegliendo l’RWL34. La scelta vuole farmi capire quanto perderei in termini di tenuta del filo e quanto guadagnerei in termini di riaffilabilità e gestione generale per l’utente finale.
    Per finire vorrei continuare nella declinazione di ONE in tutte le tipologie di coltelli di mia produzione. Nella preparazione del Blade in Texas ho rivisto tutti gli shape dei miei coltelli (ad eccezione del Nakiri) ed ho fatto in modo che richiamassero il più possibile la forma di ONE. Mi piacerebbe uscire con un paring knife e uno sfiletto….

    Se cercate un coltello con cui praticamente di tutto, senza fronzoli ma senza compromessi… vi consiglio di passare da me e provare #ONEBYFACCIPIERI


  • Nakiri in MAGNACUT

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    Nakiri in MAGNACUT

    Manico in acero spalted grigio e spaziatori rossi. La lama in MAGNACUT a 63HRC. Geometria molto aggressiva per un taglio netto e preciso.